Mentre lo Stato fa di tutto per recuperare soldi dal settore del gioco italiano, è urgente tornare a parlare di gioco patologico, un tema passato in secondo piano e su cui, almeno a quanto pare, è esaurita l'energia a disposizione.
L'Acogi, invece, sostiene con forza l'importanza di riflettere su questo tema puntando sulla prevenzione e offre una visione inedita che scaturisce dal lavoro costante dei professionisti attivi presso l'Osservatorio operante in seno all'Associazione.
L'Osservatorio sul gioco patologico, costituito ormai un anno fa, è composto, fra l'altro da figure professionali specializzate in psicologia, pedagogia, sociologia, e continua incessantemente a lavorare sottolineando l'importanza di azioni preventive più che curative.
Ogni intervento, secondo gli esperti di Acogi, ha bisogno di essere accompagnato da una forte attenzione all'attualità della nostra società e per questo l'opera educativa della famiglia è fondamentale.
Secondo la dott.ssa Stefania Vacca, pedagogista presso l'Osservatorio: "Attraverso il gioco ogni bambino, ogni giorno cresce, impara le regole e si confronta con gli altri. Se il gioco è puro, autentico, non può essere causa di una ludopatia in età adulta. A compromettere l'essenza socializzante e positiva del gioco, nei bambini è l'approccio: l'accanimento e l'assenza di regole, il meccanismo della ricompensa o la presenza della componente magica o miracolosa nell'esito del gioco".
La pedagogista dott.ssa Anna Saracino ritiene che "alcuni elementi, tipici di molti videogiochi, possano illudere i bambini e avvicinarli ad una visione del gioco sbagliata. Fondamentale quindi è il ruolo degli adulti nell'educare i bambini a distinguere, in presenza di giochi elettronici, la realtà multimediale dalla realtà quotidiana. È importante infatti evitare che i bambini, attraverso alcune tipologie di giochi, siano alienati dal mondo reale".
Nel difficile ruolo del genitore rientra la valutazione dell'individualità del bambino e dell'influenza che le dinamiche familiari e il contesto socioculturale in cui vive hanno sulla sua crescita. Tale relazione, sottolineata dalla psicologa, la dott.ssa Chiara Cuoccio, membro dell'Osservatorio Acogi, viene di seguito chiarita:"Vi sono inevitabili "contaminazioni" tra individuo e ambiente, per questo i genitori potrebbero riflettere sul proprio stile di comportamento, sulle caratteristiche di personalità e sulle relazioni che si dispiegano in primis nel contesto familiare e poi sociale in cui i bambini sono immersi; se per esempio il bambino vede quotidianamente il proprio genitore impegnato nell'attività di gioco (fattore contestuale) o che mostra atteggiamenti impulsivi (fattore individuale), ci può essere una maggiore probabilità di sviluppare da adulto, una dipendenza al gioco. Eppure - specifica la dott.ssa Cuoccio - non vi è determinismo assoluto o relazioni di causa-effetto tra questi fattori, poiché l'esperienza di vita di ognuno può portare a intraprendere percorsi differenti, pur in presenza di esperienze infantili simili".
Prevenzione, dunque, deve far rima necessariamente con attenzione all'infanzia, al recupero del valore del gioco autentico, e alla famiglia intesa come guida e presenza nella vita dei piccoli, slegata da logiche di mercato e interessi industriali che mirano alla commercializzazione massiva di prodotti di gioco non autentici e devianti.
L'Osservatorio Acogi a lavoro per la prevenzione del gioco patologico!
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