Da quando chi scrive si occupa del mondo del gioco d’azzardo continua a sottolineare “a gran voce” che la maggior parte delle notizie che si vogliono far arrivare all’opinione pubblica non sono completamente realistiche, ma vengono offuscate, quasi appositamente, per dare del gioco quella percezione disfattista che viene così recepita da chi non è completamente a conoscenza di tanti dati ed accadimenti correlati al settore ludico. Vuoi per superficialità o vuoi per disfacimento, ma l'opinione pubblica risulta alquanto male informata sul gioco d’azzardo o, quanto meno, informata in parte. Appare, invece che in altre realtà, particolarmente ci si vuole riferire al Regno Unito, quando vengono resi pubblici i dati relativi al gioco, ed alle derive che lo stesso provoca se non viene responsabilmente avvicinato, tutti stanno a guardare le percentuali di incidenza, sapendo perfettamente che ciò che viene “passato e pubblicato” rispecchia la realtà: ma, indubbiamente in quella Nazione non vi è alcuna istituzione che “remi contro” il mondo del gioco ed a tutto ciò che vi gravita attorno.
Ma, finalmente, si può leggere oltre che un rapporto sulle derive del gioco di altra Nazione, anche un rapporto italico, quello della Coop 2018 che evidenzia certamente l’interesse degli italiani per il gioco, ma così suddiviso: il 15% gioca con le apparecchiature da intrattenimento, le famigerate macchinette, il 40% scommette ma la maggior parte solo “una tantum”. Queste in sintesi le percentuali dei “viziosi” del gioco ed ora si vuole andare a curiosare dentro le percentuali contenute in questo Rapporto Coop 2018 per far rendere conto di come sono i giocatori d’azzardo italici e quali siano le loro preferenze: la Coop, da qualche anno, indaga sull’evoluzione degli stili di vita, i comportamenti quotidiani e le opinioni degli italiani e, quindi, anche sul consumo del gioco legale che viene messo sotto la lente del Rapporto Coop 2018 che così si esprime.
L’Ufficio Studi di Ancc-Coop nella primavera di quest’anno ha lanciato un’indagine campionaria su settemila soggetti, rappresentativo della popolazione tra i 18 ed i 65 anni, che si riferisce ai rapporti con il lavoro, l’ambiente, il cibo, acquisti, salute e competenze digitali, e che evidenzia che il 15% degli italiani ha conoscenza diretta di gioco con slot machine e videolottery, mentre il 2% si dichiara “dipendente o quasi”. Emerge, di conseguenza, che il 40% degli italiani si dedica a questo intrattenimento ma che non deve però essere visto nel suo complesso in termini di gioco problematico. Infatti, il 36% degli italiani scommette, ma si colloca in una fascia medio-bassa di giocata; si potrebbe collocare il tutto in una semplice scommessa sulle partite di Serie A della domenica mentre il 4% si auto definisce uno “scommettitore assiduo”.
Sempre secondo l’Ufficio Studi di Ancc-Coop la nostra bella Italia è la prima in Europa per l’abitudine al gioco in termini di incidenza del gioco lecito sul Pil: certamente, un primato che deve fare riflettere per la portata del fenomeno, poiché ormai si sa che il gioco legale porta un gettito erariale pari allo 0,6% dello stesso Pil, il triplo della Francia e del Regno Unito (che in quelli Stati rappresenta la percentuale dello 0,2%) e cinque o sei volte tanto la quota registrata in Spagna e Germania (là la percentuale si aggira attorno a circa lo 0,1%). Questi sono numeri che spiegano la motivazione per cui la politica sta affrontando la problematica delle derive del gioco e questo anche se si guardano i dati relativi agli anni addietro.
Secondo i dati della Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, dal 2001, la raccolta proveniente dal gioco lecito è aumentata di cinque volte, passando da 20 ad oltre 100 miliardi di euro. Cifre che richiedono assolutamente un intervento, una legge quadro nazionale, norme precise e trasparenti a tutela sia dei cittadini che dell’italico territorio. Così, per esemplificare come “giocano gli italici giocatori” si può dire che sia Prato, in Toscana, la provincia dove il volume di giocate pro capite sia il più elevato: 2.377 euro per cittadino giocati nel 2016, una volta e mezzo l’ammontare della seconda classificata in questo podio ludico, la provincia di Rovigo, ove ogni residente gioca in media 1.471 euro l’anno, più o meno l’equivalente di una mensilità.
Per fare un “giro” di gioco relativo alle province dove si azzarda di più bisogna riferire, così dice il Rapporto Ancc-Coop, che si concentrano tra Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna ed Abruzzo. La pratica del gioco risulta interessare maggiormente i giovani under 34 che, secondo quanto esposto dall’Osservatorio europeo delle droghe e delle tossico-dipendenze, rappresentano nel contempo i maggiori consumatori di cannabis in Europa. Nell’ultimo anno ne ha fatto uso un ragazzo su cinque: un dato inferiore solo alla Francia. Non sono dati catastrofici da affrontare in modo melodrammatico, ma sono dati su cui riflettere per mettere in campo informative ed informazioni sui rischi che può provocare il disturbo da gioco d’azzardo.
Ancora oggi, si fa molto poco nel nostro Paese a livello di informazione, particolarmente nelle scuole: è esattamente da lì che dovrebbe partire il maggior impegno istituzionale per far conoscere la parte ludica del gioco (intrattenimento e divertimento) e la parte oscura (gioco problematico e patologico). Dalla parte più giovane della nostra futura società si dovrebbe iniziare un percorso di “accompagnamento” al gioco lecito, a conoscerlo, a ben frequentarlo o ad evitarlo. Tutte notizie ed informative che vanno portate a conoscenza dei giovani e giovanissimi ai quali ancora oggi arrivano sollecitazioni al gioco da più parti sui loro strumenti tecnologici in uso, che ormai fanno parte della loro vita quotidiana vuoi per studio vuoi per diletto. Non si può tornare indietro: la tecnologica innovativa ha fatto passi da gigante per arrivare a quel che è oggi ed ora non si può combattere perché a suo mezzo possono essere avvicinati i ragazzi: bisogna controllare che ciò che “arriva” loro sia sano, pulito e non li faccia incrociare con derive pericolose. Sta nelle mani “dei grandi” l’avvenire “dei piccoli”: è sempre stato così.
La Redazione
Fonte: CifoneNews.it