Il sistema italiano dei giochi è rinomato al mondo per essere stato pioniere in molti campi: in Italia lo sviluppo dinamico dei diversi settori che costituiscono un sistema composito ed articolato è avvenuto in un tempo relativamente breve, e la dinamicità dell’offerta ha seguito negli anni la domanda sempre più articolata ma anche specialistica.
L’aver spianato la strada e percorso sentieri non ancora battuti è costato al nostro Paese una serie di errori, finiti in Corte di Giustizia Europea, o consumati nelle aule dei tribunali interni, o presso la Corte dei Conti e le Agenzie Fiscali.
Tra i temi più delicati il sistema concessori e le storture discriminatorie previste dai bandi di gara che si sono susseguiti negli anni, e il pericolo, per gli utenti dei giochi di non gestire nella maniera più opportuna il proprio rapporto con il gioco, sviluppando una dipendenza da esso.
Nei giorni scorsi, nell’assemblea generale di Euromat (European Gaming and Amusement Federation, l’associazione europea degli operatori del gioco e dell’intrattenimento automatico) ha espresso un appello molto importante che riguarda molto da vicino lo Stato italiano. I membri di Euromat si sono focalizzati sulla necessità di garantire trattamenti fiscali equi verso gli operatori del gioco fisico. Il motivo? Semplice: tutelare un’industria che garantisce posti di lavoro ed entrate erariali. Elementi importanti che spesso i nostri politici dimenticano, soprattutto quando vorrebbero radere al suolo l’industria del gioco italiano. Già, molto spesso in Italia, è proprio la politica che si schiera contro il gioco, visto esclusivamente come un pericolo per la popolazione.
Ma il contrasto al gioco patologico, alla piaga della ludopatia, non trova nel proibizionismo la strada giusta. Nei giorni scorso dal Portogallo è arrivata una proposta interessante che potrebbe rappresentare un tassello ulteriore nella lotta alle dipendenze da gioco. Gli operatori dovranno rispettare infatti delle misure anti Gap che prevedono la possibilità di condividere online i dati dei propri utenti al fine di bannare i giocatori a rischio inclusi in una sorta di “black list”. Un valido strumento per escludere dal mercato solo gli individui in difficoltà che, ovviamente, deve associarsi - e nel nostro Paese è importante accelerare in tal senso - con una corretta informazione e prevenzione.