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Dipendenze da gioco: dirigente froda la banca per 9 milioni di euro


4 settembre 2014 | Attualità
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Un uomo di 54 anni, dirigente di banca, italiano. Sono queste le informazioni rese note nei giorni scorsi dalla polizia cantonale e dal Ministero pubblico sul caso di malversazioni di 9 milioni di franchi del presunto truffatore autodenunciatosi alla giustizia e riconoscendo la dipendenza da gioco.

L'inchiesta è coordinata dal procuratore pubblico Raffaella Rigamonti, che dovrà indagare a fondo per risalire alla cifra esatta sottratta dal manager, ora rinchiuso alla Farera.

Il dirigente, attivo sino a fine 2013 nella sede di Piazzetta San Carlo di Julius Bär, si è presentato insieme al suo avvocato difensore, Elio Brunetti di Lugano, e si è autodenunciato di aver frodato l'azienda per cui lavorava e in particolare, i capi d'imputazione sono truffa, appropriazione indebita e falsità in documenti.nL'uomo utilizzava il classico sistema "buco tappa buco", un sistema già visto tante volte nelle cronache giudiziarie. Il gestore avrebbbe prelevato somme di denaro per uso personale dai conti dei suoi clienti - in questo caso una 30ina di facoltosi italiani - per poi coprire le perdite finché il buco è diventato milionario. L'ex manager avrebbe usato il denaro, stando alle prime indiscrezioni trapelate riportate dalla stampa locale - per il gioco nei casinò ticinesi. Tuttavia il procuratore pubblico dovrà verificare la veridicità di quanto affermato dall'indagato, in quanto la truffa di oltre 9 milioni di franchi sarebbe stata messa in atto, secondo le prime ricostruzioni, su diversi anni.

Il riconoscimento della dipendenza da gioco potrebbe portare l'avvocato dell'imputato a chiedere una perizia psichiatrica per alleggerire la posizione del proprio assistito eppure altri casi di cronaca hanno dato la prova del fatto che difficilmente, anche accertando la patologia da gioco, si riescono ad ottenere "sconti" di pena.


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